PREFAZIONE ALLA VERSIONE 2.0:
La precedente recensione delle pistole Beretta 34 e 35 non mi ha mai soddisfatto. Era scarna, era troppo sintetica. Le armi che hanno accompagnato i "nostri uomini" per altre 5 decadi meritavano di più.
Inoltre sono particolarmente legato alla Beretta 34 avendo l'onore di detenere l'arma appartenuta ad un caro amico M.M.A. dell'Arma, persona che oggi purtroppo riposa nel "Paradiso dei Giusti".
Per svolgere una ricerca approfondita serve materiale adeguato e attendibile, molto tempo e pazienza per reperire informazioni e confrontare dati. Troppo spesso mi capita di leggere un dato in un articolo all'interno di una rivista specializzata che poi viene smentito puntualmente da un articolo successivo pubblicato sulla stessa rivista e dallo stesso autore.
Ad ogni modo da tempo ho deciso che avrei condotto una ricerca molto più approfondita, in modo da poter soddisfare le richieste che sovente ricevo via mail.
Alcuni mesi fa, durante la ricerca di nuovo materiale, o meglio durante la ricerca di elementi che supportassero le informazioni già in mio possesso, mi sono soffermato nel leggere svariati forum di discussione italiani i internazionali, "adocchiando" un utente che, seppur con nome differente in ogni forum, mi colpì per la competenza con cui affrontava argomenti inerenti le armi corte italiane da inizio secolo alla fine della seconda guerra.
Non era difficile riconoscere che fosse sempre la medesima persona, seppur con un nickname diverso, ad intervenire in quelle discussioni, in quanto un suo intervento non era mai "sterile", fine a se stesso, ma sistematicamente si concludeva con uno spunto per far proseguire la discussione, arricchendola con nuovi e stimolanti punti di vista.
Devo ammettere di non ricordare il modo in cui mi sono messo in contatto con lui, o se addirittura fu lui a mettersi in contatto con me, fattostà che iniziammo ad intrattenere un rapporto "epistolare" (via mail).
Avevo già abbozzato la versione 2.0 di questa scheda e gliela inviai per chiedergli cosa ne pensasse: in breve mi venne di nuovo recapitata corretta dagli errori di grammatica (Auch!), arricchita e con allegati documenti e foto da analizzare per trarre nuovi spunti di ricerca.
Era nata la collaborazione con G.L.U..
Il progetto di aggiornare questa recensione "a quattro mani" era iniziato al meglio ed ebbe inizio uno scambio di materiale praticamente giornaliero: questo testo ha transitato dal suo pc al mio e viceversa svariate volte, progredendo sistematicamente nella forma e nei contenuti.
PERTANTO MI SENTO DI ESPRIMERE UN DOVEROSO E SINCERO RINGRAZIAMENTO ALL'AMICO G.L.U., CHE HA DIMOSTRATO MOLTA PAZIENZA NEI MIEI CONFRONTI, OLTRE AD UNA COMPETENZA SUPERATA SOLO DALLA SUA MODESTIA.
Niente vieta che, qualora venissero alla luce nuovi spunti di ricerca, la presente venga nuovamente aggiornata.
Ike.
BERETTA Modello 34 e 35
“Mighty Mite”
Arma fotografata dalla mia collezione privata.
Recensione versione 2.0 di IKE con la preziosa collaborazione di G.L.U.
STORIA:
All’inizio degli anni ’30 le nostre forze di polizia e forze armate avevano in dotazione armi ormai obsolete e che sicuramente non si distinguevano per praticità ed efficienza (mi riferisco Mauser, Bodeo, Glisenti, ecc.).
Tullio Marengoni (l’ideatore e disegnatore anche del M.A.B. 38A, capo officina, disegnatore, eclettico ideatore, genio, anche se non è dato sapere chi fosse precisamente, ma prima o poi troverò il tempo anche per compiere un’accurata ricerca sul suo conto) prendendo a base le precedenti modello 1915, 15/17, 15/19 e 1923 sviluppò il modello 1931 (seguiranno altre schede su queste armi), adeguandolo alle necessità per cui era richiesta la nuova arma con la quale dotare militari e forze di polizia, ovvero robustezza, affidabilità, minimo ingombro e come spesso accade, basso costo di produzione.
Tenendo conto di questa ultima necessità (il basso costo di produzione), vennero immediatamente scartati i calibri adottati da altre nazioni come il 45 ACP o il 9 Parabellum che per caratteristiche e pressioni di esercizio richiedono strutture molto robuste ed ampiamente dimensionate (leggi: costose!)
La mia ammirazione per Tullio Marengoni è rafforzata dal fatto che lo stesso non fu solo, come detto, eclettico ideatore, ma anche saggio pensatore: in quel periodo la munizione per arma corta che andava per la maggiore nei nostri reparti militari era il 9 Glisenti. Con la scelta di calibrare la 34 in 9 corto, Marengoni mandò finalmente in pensione il 9 Glisenti, calibro improponibile e improbabile che seppe fare la sfortuna di armi nate da validissimi progetti (anche se a mio parere scopiazzati palesemente, si noti che il brevetto della Glisenti-Gerosa mod. 1899 è in pratica una Mauser C96 rinominata e sul disegno non è nemmeno indicato il calibro, tanto da essere riportata in vari testi con la dicitura “calibro indefinito”) ma con l’unica colpa di essere camerate appunto in questo calibro.
L’arma fu quindi camerata in calibro 9 corto (380 ACP o 9x17 che dir si voglia), calibro ben collaudato per l’epoca che garantiva un discreto potere d’arresto e che sarebbe stato in uso ancora per molti decenni.
Questa scelta, come detto dettata essenzialmente da motivi economici, suscitò non poche perplessità facendo da taluni definire il progetto “sbagliato in partenza” per un’arma destinata essenzialmente all’uso militare e non al mercato civile. Lasciatemi fare un commento polemico: Sono passati 76 anni da allora, ma la mamma dell’italiano sciocco e poco costruttivo ha continuato a sfornare figli.
Tale scelta infatti, si sarebbe dimostrata un ottimo compromesso. Basso costo ma alta affidabilità e con il minimo ingombro, manutenzione pressoché inesistente date le basse pressioni d’esercizio e la conseguente minima usura dei meccanismi (va ricordato comunque che gli acciai e le leghe erano ottimi).
Il primo contratto viene chiuso con il Regio Esercito nel marzo 1934, contratto che prevedeva la fornitura di 650 unità. Contratto che verrà sospeso fino al 1936 per problematiche inerenti la sicura. Difatti c'era chi sosteneva che la sicura dovesse agire direttamente sull'otturatore.
La modifica del progetto avrebbe richiesto un aumento del costo di produzione di circa 10 lire ad esemplare, senza contare che il produttore, ovvero Pietro Beretta, la riteneva pericolosa. Vennero comunque costruite alcune 34 con sicura all'otturatore e inviate per i test. Alla fine dell'anno 1935 venne ripristinato il contratto sospeso per le 650 pistole con sicura al grilletto.
I primi lotti vennero destinati ai funzionari di P.S. (sembra quelli che svolgevano servizio in borghese), in esito ad un contratto del 1935 per 1000 pezzi, evaso nel marzo del 1936.
Viene ufficialmente adottata come arma d’ordinanza del R.E. nell’anno 1936 (marzo 1934 secondo altre fonti, ma come al solito il carteggio è andato perso, e comunque come detto il primo lotto del marzo 1934 non venne consegnato per i problemi inerenti la sicura).
Rimarrà in servizio sino alla fine degli anni ’80, sostituita in più fasi dalla modello 51, dalla modello 70 o dalla 92, ma chi come me è stato allievo ufficiale nei primi anni ’90 sa benissimo che l’E.I. le ha usate come armi da addestramento fino quasi ai giorni nostri.
Gli ultimi lotti prodotti saranno destinati alla scuola della Guardia di Finanza ed ai neonati Baschi Verdi, raggiungendo un numero di esemplari prodotti che si aggira intorno agli 1.080.000, interamente prodotti dalla Beretta di Gardone Val Trompia.
Matricole Beretta 34 |
||
Periodo |
Matricola di inizio |
Matricola finale |
1934 sicura all'otturatore 1934 sicura al grilletto |
500.000 500.073 |
500.072 501.000 |
1935 |
501000 |
508.000 |
1936 |
508.000 |
555.000 |
1937 |
555.000 |
667.000 |
1938 |
667.000 |
730.000 |
1939 |
730.000 |
800.000 |
1940 |
800.000 |
850.000 |
1941 |
850.000 |
950.000 |
1942 |
950.000 |
999.996 |
1943 fino a settembre |
F60000 G 00001 |
F99997 G20000 |
1943 da settembre all'aprile del 1944 |
G 20000 |
G57486 |
1944 da aprile a luglio |
0001AA |
9997AA |
1944 da agosto al gennaio 1945 |
0001BB |
9971BB |
1946-1948 |
C00001 |
C99998 |
1949-1954 |
D00001 |
D99999 |
1954-1967 |
E00001 |
E95760 |
1967-1973 |
F50001 |
F61693 |
1970-1975 |
G00001 |
G49620 |
1972-1974 |
H00001 |
H25000 |
1971-1980 (contiene GdF modificata) |
T1 |
T10217 |
Dal 1991 (Nuova 34) |
A28530Y |
? |
Il lotto xxxxAA, prodotto nel 1944, comprende una fornitura per l'aeronautica della RSI.
La maggior parte delle armi ricadenti nella serie xxxxBB, presentano una finitura superficiale molto approssimativa, definita "finitura di guerra", dato il poco tempo a disposizione, l'occupazione delle fabbriche e la pressante richiesta di armi da inviare agli eserciti dell'Asse. Non presentano alcuna scritta sul carrello, talvolta solo il calibro e l'indicazione della matricola sul castello.
Matricole Beretta 35 (tabella nota ma a mio parere inesatta) |
||
Periodo |
Matricola di inizio |
Matricola finale |
1934 |
409.001 |
410.000 |
1935 |
410.000 |
416.000 |
1936 |
416.000 |
423.000 |
1937 |
423.000 |
432.000 |
1938 |
432.000 |
434.500 |
1939 |
434.500 |
442.000 |
1940 |
442.000 |
463.000 |
1941 |
463.000 |
481.000 |
1942 |
481.000 |
495.000 |
1943 fino a settembre |
495.000 |
500.000 |
1943 da settembre fino a marzo 1944 |
500.000 |
509.000 |
1944 da marzo fino a giugno 1944 |
509.000 |
525.000 |
1944 da giugno fino ad agosto 1944 |
525.000 |
534.000 |
1944 da agosto fino a febbraio 1945 |
534.000 |
599.000 |
1945 da febbraio fino al 17 aprile 1945 |
599.000 |
615.969 |
Questa ultima tabella riportante le matricole della modello 1935 è quella più comune, che si trova più o meno frequentemente in siti e riviste del settore, ma come riportato più avanti ho anche dei dati differenti, ma a mio parere più credibili, confermati anche da un paio di articoli del 2005 di A. Simoni, che cita più volte il matricolare Beretta, suppongo quindi che lo abbia consultato.
Per di più è arcinoto che la modello 35 è stata prodotta fino all’aprile 1967 con ultima matricola H14673.
Tutte le Beretta 35 risultano essere prodotte dallo stabilimento di Gardone Val Trompia. tranne un piccolo lotto (circa 19.000 esemplari secondo taluni, solo poche centinaia secondo altre fonti) prodotti dalla Armaguerra Cremona.
I numeri inerenti la produzione su licenza dalla S. A. Armaguerra – Cremona, sono da sempre un grande punto interrogativo. Pare che il carteggio matricolare sia andato perso, guarda caso, in eventi bellici e pertanto le cifre sono molto confuse e dati certi non se ne trovano.
Non mi sono mai cimentato in ricerche su questo stabilimento ma sono quasi certo che la produzione sia avvenuta nel solo anno 1944 (mai visti esemplari riportanti datazione differente dal 1944).
Peraltro in quel periodo l’Armaguerra doveva produrre anche parti dei Carcano '91 e costruiva le pistole mitragliatrici OG44.
Considerando quindi tutti questi impegni e il periodo alquanto infausto, non ritengo che la fabbrica d’armi abbia potuto produrre molte Beretta modello 35.
Naturalmente G.L.U. la pensa esattamente al contrario di come la vedo io, infatti mi fa notare, peraltro con molto buon senso e mettendo sistematicamente in crisi le mie convinzioni, di non credere che produrre in totale 20-25 esemplari tra OG42 e OG44 abbia impegnato tanto l'Armaguerra.
Classico problema che scaturisce dal fatto di non avere a disposizione la documentazione comprovante un fatto.
Inutile dire che le 35 dell’Armaguerra Cremona sono assai rare e pertanto molto ambite dai collezionisti (me compreso).
A mio parere è comunque probabile che la costruzione di alcune parti o della minuteria sia della M34 che della M35 venisse appaltata a stabilimenti esterni.
Le pistole nate dal lavoro di Tullio Marengoni furono acquistate anche da eserciti stranieri, tra cui quello finlandese.
Anche qui i numeri si accavallano, il lotto acquistato dall’esercito finlandese risulta composto, secondo i dati trovati da G.L.U. da 1500 modello 34, 4100 modello 35 (più altre in un secondo momento) e un numero non precisato di modello 1915/17. Sinceramente tendo più a credere a questi dati che ai miei, avendo perduto la fonte non ho nemmeno modo di verificarla (i miei carteggi non sono andati perduti in eventi bellici, sono semplicemente disordinato!)
Un articolo in inglese segnalatomi da G.L.U. riporta questi dati da me tradotti:
"Durante la guerra d'inverno, 60 Beretta 34 arrivarono in Finlandia mischiate con altro materiale. Il quartier generale della Guardia Civile finlandese ordinò 500 esemplari di modello 34 in Italia nel luglio 1941. L'ordine ebbe molti problemi e le armi disponibili non furono consegnate prima dell'aprile 1943. Già nel maggio 1943 furono distribuite alle truppe sul fronte interno. L'esercito finlandese ordinò invece 4000 modello 35 nell'aprile del 1941. Ma anche questo ordine fu problematico e gli italiani inviarono circa 3100 M35 e circa 900 M34. Tenendo conto di questa seconda fornitura le modello 34 inviate in Finlandia sono state in totale circa 1400. Le circa 500 M34 acquistate dalla Guardia Civile e destinate alle truppe sul fronte interno vennero punzonate con lo "Sk.Y" (Sk.Y = Suojeluskuntain Yliesikunta) e matricolate dalla 0100 alla 0597. La Guardia Civile finlandese è stata assorbita dall'esercito nel 1944 e le relative armi sono state incamerate dallo stesso. Un inventario dell'esercito del 1951 contava 999 M34 rimaste immagazzinate fino al 1986.
L'esercito ha fatto 2 ordini di Beretta 35 durante la seconda guerra mondiale, entrambi nel 1941. Il primo di 100o unità consegnato alla fine del '41. Il secondo di 4000 unità si è dimostrato molto problematico e soltanto alla fine del 1942 sono state consegnate 3092 modello 35 3 circa 900 modello 34, in sostituzione delle modello 35 mancanti. Nel proseguo del conflitto queste armi sono state utilizzate sia dalle truppe in prima linea che da quelle sul fronte interno. Un inventario del 1951 contava 2091 M35 rimaste immagazzinate fino al 1986, quando la maggior parte sono state vendute e solo una piccola quantità è rimasta in servizio per gli usi che richiedono una pistola di piccolo ingombro".
Possedere un esemplare con il punzone Sk.y, ovvero quartier generale della Guardia Civile finlandese o SA sarebbe stupendo, ma finché la Legge non permetterà di detenere in collezione solo un esemplare per modello, sarà solo un bel sogno!
Dato che esiste una circolare ministeriale che ammette tale eventualità, il buon G.L.U., durante lo scambio di questa scheda che abbiamo redatto “a due mani”, mi ha scritto in rosso riguardo alla mia ultima considerazione, maliziosamente e argutamente: “Non vogliamo instillare un dubbio nel caso leggesse qualche funzionario di quelli che non la conoscono? Magari gli viene voglia di aggiornarsi…”
Per quanto riguarda la serie destinata in Romania, alcune fonti riportano quale epoca di produzione il solo anno 1941 e matricole dal 1 al 37.000, altre gli anni a cavallo tra il 1940 ed il 1942 e matricole dall’1 al 40.000 circa. In questo caso i dati non discostano di molto. Questa serie non presenta punzonature particolari, l'unico segno distintivo è la scritta SCURT al posto della parola CORTO prima del calibro e la mancanza dell'indicazione dell'anno e dell'E.F..
Ci sono notizie attendibili che citano cessioni alla Bulgaria ed alla Polonia ma non si conoscono i numeri e tanto meno i punzoni.
La Beretta nel dopoguerra provò anche ad esportarla negli U.S.A., che ben conoscevano le nostre modello 34 e 35 avendole apprezzate specialmente nell’Africa Italiana e durante il conflitto sulla nostra penisola. Nonostante fosse stato un apprezzato souvenir (da qui il soprannome Mighty Mite, ovvero un oggetto piccolo ma potente) per i soldati americani, l’esportazione ebbe scarsissima fortuna probabilmente a causa del calibro ritenuto troppo piccolo e poco apprezzato oltre oceano.
La modello 34 dalla modello 35 differisce praticamente solo per il calibro e per le conseguenti dimensioni. Per il resto è identica, entrambe sono costituite di soli 39 pezzi.
In realtà sarebbe molto facile cadere nell’errore dato dall’ovvietà del nome del modello in sequenza e mi è capitato di udire questa cosa da molti emeriti “sapientoni”, ma la 34 e la 35 nascono per scopi diversi, non sono l’evoluzione l’una dell’altra ma due modelli diversi consecutivi, anche se si dice in giro che tutte le parti siano intercambiabili. Effettivamente non tutte le parti sono intercambiabili, diciamo che sono simili, ma che solo la minuteria è "universale".
La modello 34 nasce per uso militare, la 35 per essere destinata al mercato civile, anche se verrà poi destinata all’uso militare o di polizia.
Calibri diversi imponevano una maggior mole della canna, del carrello e del caricatore nella modello 34 ed il fatto che differissero nel peso di soli 10 grammi (660 gr per la 34 e 650 gr per la 35) ha sempre suscitato un commento ovvio: se la 35 posava solo 10 grammi in meno significa che pur essendo destinata al mercato civile era costruita con ottimi materiali e di certo non allestita con l’obiettivo del risparmio. Analizzando per bene la cosa bisogna far notare che il caricatore della modello 34 conteneva 7 colpi di 9 corto, mentre la 35 ne conteneva 8 di 7,65. Il peso con caricatore pieno alla fine era molto simile, se non addirittura superiore per la modello 35 che come detto aveva una pallottola in più nel caricatore, anche se un manuale del 1950 riporta un identico peso delle due armi con caricatore pieno inserito.
E’ vero che anche la 35 è stata utilizzata come arma in dotazione a corpi militari, ma è nata come arma civile dalle caratteristiche simili alla “sorella” militare modello 34, direttamente dall’evoluzione della modello 31 della quale conserva il calibro ma con in più la tacca di mezza monta.
Difatti le matricole “rivedute e corrette” che emergono dalla nuova ricerca (la versione 2.0 di questa scheda!) partono dal n° 411.000 nell’anno 1935, e l’ultimo esemplare della modello 31 sarebbe appunto un n° 410.999 del 1935.
Nell’arco di 32 anni (dal 1935 all’aprile 1967) ne risultano costruiti 525.000 esemplari, ma non ho trovato le prove di questa cifra da nessuna parte.
Dal 1935 il matricolare Beretta inizierebbe (il condizionale è d’obbligo) dal n° 411.00 per terminare nel 1959 con il 923.048.
Per riprendere nel 1962 con il n° A10.001 fino al n° A14.130 del 1963.
Poi dal H14.131 del 1966 a finire con il n° H14.673 del 1967, ultimo esemplare prodotto.
Ricapitolando sarebbero 512.048 nel corso della prima fase di produzione, 4.129 nella seconda fase di produzione e 542 nella fase conclusiva. Sommando le produzioni si arriva ad un totale di 516.719 pistole. Per arrivare alla soglia dei 525.000 esemplari ne mancano 8.281 unità.
E dove sono andate a finire? O meglio quando sono state prodotte?
La matricola iniziale ha una logica, è la prima dopo la fine della produzione della modello 31.
La matricola finale è certa. O almeno sembra.
A mio parere il mistero delle 8.281 unità mancanti, scartando un'approssimazione di poche decine o al massimo poche centinaia destinate ai test iniziali, è molto semplice: se non risultano le matricole significa che non risultano le armi, ovvero non sono mai state prodotte, il n° di 525.000 è da considerarsi errato e nascente da una grossolana approssimazione.
Consultando le innumerevoli riviste acquistate e accumulate negli anni (Diana Armi, Armi e Munizioni, Armi e tiro, Tac Armi, tanto per citarne alcune ma senza volerne dimenticare nessuna di proposito), ed i testi, spesso stranieri, ho trovato altre nozioni interessanti sulle "nostre" armi, sembrano quasi delle curiosità da rivista di gossip, fanno invece parte della lunga storia di questa pistola.
Ne riporto alcuni, in modo schematico ed in rigoroso ordine sparso.
-Dalla prima metà degli anni ’30 furono prodotti esemplari con il fusto in una lega leggera denominata aermetal (color alluminio), l’arma finita pesava 530 gr contro i 550 di quella con il fusto in acciaio.
-Nel dopoguerra la lega aermetal venne sostituita dalla dural (colore tendente al bronzeo), portando il peso a 510 gr.
-Erano commercialmente disponibili, oltre ai due tipi di fusto (tradizionale in acciaio e alleggerito in lega), tre allestimenti di finitura: brunitura, fusto anodizzato nel colore del metallo o anodizzato nel colore bronzo chiaro.
-Negli anni dal 35 all’adozione della versione riveduta degli anni ’50 si contano 7 diversi tipi di scritte sul carrello, nel corso della produzione della 35 se ne contano invece 10.
-Nel dopoguerra la Polizia di Stato adottò la Beretta modello 35, a differenza dell’Arma dei Carabinieri che ebbe in dotazione la Beretta modello 34 (come quella che ho in collezione e quella recensita dal lettore CiccioC).
-Delle 525.000 modello 35 prodotte nell’arco di 32 anni, ben 11.500 sono state prodotte tra il 1944 e l’aprile 1945 dalla Beretta occupata dalle truppe tedesche: la maggior parte di queste partono alla volta della Germania solo fosfatate e nemmeno brunite come armi di seconda linea o per armare le organizzazioni paramilitari (Riporto con beneficio d'inventario la cosa in quanto i numeri matricolari di certo non supportano questi dati).
-I tedeschi denominarono la nostra Beretta modello 35 con la sigla P671(i), non punzonandolo mai su alcun modello.
-Alcune partite “misteriose” di 34 e 35 sarebbero state vendute al Giappone mediante la collaborazione della filiale romana della Mitsubishi. Sarebbero state imbarcate su sommergibili italiani o giapponesi che partiti da Bordeaux non raggiunsero mai l’Impero del Sol Levante.
Finito il secondo conflitto bellico la produzione riprende utilizzando le parti prodotte durante la guerra: sia per le modello 34 che per le modello 35 l’anno di produzione punzonato è riconoscibile in quanto la cifra 1944 viene ribattuto con un vistoso 5 sull’ultimo 4, divenendo uno “spreciso” 1945. Ho conosciuto un operaio americano che aveva lavorato alla Colt, mi disse che loro, armi “difettate” in quel modo, non le avrebbero mai messe in commercio, ma scartate quali parti non vendibili. Evidentemente non avevano conosciuto la miseria dovuta all’occupazione.
-Negli anni ’50 ci fu un restyling della modello 35 consistente nell’abbassamento delle quote del carrello e delle inclinazioni, nell’adozione di un paio di tipi di guancette in plastica diverse (una riportava la scritta Beretta, l’altra era liscia, con le tre frecce, nuovo simbolo della Beretta), e nella definitiva eliminazione dell’anello portacorreggiolo, ritenuto inutile nell’uso civile. Successivamente anche il complesso asta guidamolla e molla vennero adeguati ai nuovi carrelli evidentemente di massa e peso inferiore.
-Una leggenda narra che un ufficiale italiano di stanza in Russia, addormentatosi con la sua 34 in fondina, si svegliò ritrovandosi al fianco una P08. Credo che sia solo una fiaba per sottolineare che la semplicità meccanica della 34 la rendeva utilizzabile anche alle bassissime temperature, mentre è facilmente intuibile che una Luger possa dare problemi di congelamento dei congegni del suo fantastico carrello.
-Nel dopoguerra la Beretta mise a disposizione dei militari che congedandosi decidevano di "riscattare" la propria arma in dotazione canne in 7,65 ma dalle dimensioni esterne di quelle in calibro 9, in quanto queste armi non sarebbero state detenibili dai civili fino al 1990. La mia 34 difatti è in 7,65 completa di matricole e punzoni, essendo appartenuta ad un M.M.A. dell'Arma dei Carabinieri congedatosi nei primi anni '80.
-Nel 1974 il direttore del gruppo sportivo della Guardia di Finanza richiese alcune modifiche alla Beretta 34 consistenti in una maggiore lunghezza della canna, diminuzione del peso dello scatto (la 34 ha effettivamente uno scatto piuttosto duro) e l'eliminazione dello sperone al fondello del caricatore. Sorvolo sulle matricole perché anche qui fonti diverse riportano dati diversi, mi limito a segnalare che la fornitura fu inferiore alle 700 unità e che le stesse sono contenute nella serie T. Non risulta che ne siano mai state dismesse per essere vendute sul mercato civile.
-Successivamente al 22 giugno 1990, con la pubblicazione del 93° aggiornamento del Catalogo Nazionale che al n° 6442 catalogava la 34 come arma comune, la Beretta ha commercializzato un piccolo lotto di "Nuova 34", destinata principalmente ai collezionisti era rifinita in modo molto accurato.
Quali riferimenti storici circa fatti di cronaca che hanno visto protagoniste queste armi segnalo che in un museo è conservata una 34, matricola 778133, che sembra sia stata utilizzata per dare il colpo di grazia a Benito Mussolini e Claretta Petacci. Ricordo anche che con una 34 fu ucciso anche Gandhi il 30 gennaio 1948, la matricola era 606824.
Fatti di “cronaca”, ci tengo a sottolinearlo, di certo niente di cui andar fieri, ma di questo parleremo più avanti, se ci sarà tempo e se a qualcuno interesserà.
E a condizione che la narrazione di un fatto di cronaca sia assolutamente esente da letture in chiave politica, perché a mio parere leggere la storia con occhi influenzati da credenze politiche non comporta una corretta ed obiettiva visione degli eventi, ma può innescare processi pericolosi come un'interpretazione sbagliata dei fatti o addirittura l'apologia di una corrente politica.
TECNICA:
La pistola Beretta modello M34 nasce come detto da un compromesso di “evoluzione” di precedenti modelli, tra cui principalmente la modello 31 e viene camerata in calibro 9 corto.
Schema da un manuale E.I.
Una scatola di munizioni originale postbellica donatami da un maresciallo E.I.
E’ un’arma semiautomatica a chiusura labile camerata in calibro 9 corto costituita in soli 39 pezzi con sicura che agisce sul grilletto e tacca di mira a coda di rondine e mirino fisso in volata.
Un particolare che dimostra l'ingegno del progettista nel trovare soluzioni tecniche è a mio parere ben rappresentato dal fermo della vite della bilancia ricavato nella parte interna della guancetta sinistra.
La bilancia deve oscillare per trasferire il moto del grilletto dalla leva di comando al dente di sgancio del cane. Pertanto la vite che fissa la bilancia al fusto non può essere stretta, altrimenti frenerebbe il moto rendendo lo scatto inutilizzabile. Di contro non può nemmeno essere lasciata "lenta", in quanto l'uso porterebbe alla perdita della vite stessa. La scanalatura esagonale contenuta nella guancetta sinistra permette di lasciare la vite stretta quanto basta da far funzionare lo scatto, ma allo stesso tempo le impedisce di svitarsi tenendo ferma la testa. Fantastico.
Apriamo una piccola parentesi sulla chiusura labile, in quanto, avendo le modello 34 e 35 presentato numerosi prototipi noti o meno con carrelli, molle e aste guidamolla differenti, questo tipo di funzionamento può essere ben ampliato utilizzandole ad esempio.
Le Beretta 34, come del resto le gemelle "nate per usi civili" Beretta 35, sono armi a ripetizione semiautomatica.
La ripetizione esige che l’otturatore si allontani dalla camera della cartuccia espellendo il bossolo vuoto, per consentire l’incameramento di una nuova munizione.
Una soluzione più o meno fortunata è stata quella dell’otturatore girevole scorrevole, poco adatto alle armi leggere.
Un’altra soluzione è stata quella della chiusura geometrica, caratterizzata da un vincolo meccanico tra canna e otturatore che si svincolano in un preciso istante corrispondente al momento in cui la palla ha superato la volata e la pressione ha abbandonato la canna.
Il sistema di chiusura geometrica palesò ben presto i propri limiti, facendo comprendere che un vincolo meccanico poteva non essere necessario quando un peso (in realtà la massa) del carrello ben calcolato in relazione alla resistenza offerta della molla (o delle molle), erano sufficienti a compiere il processo di ricameramento offrendo il tempo necessario alla pressione per diminuire fino ai valori atmosferici.
E’ chiaro che se l’otturatore si apre prima che la pressione sia diminuita o addirittura che la palla abbia superato la volata si avrà una fuoriuscita di gas in faccia al tiratore e la palla potrebbe rimanere in canna.
E’ da segnalare che i primi esperimenti in direzione della chiusura labile presentano delle fresature sulla camera di scoppio, in modo da espellere i gas in eccesso ed accorciare il tempo di “barrel time” (termine che indica appunto il tempo necessario affinché il proiettile abbandoni la canna e la pressione in essa ritorni a valori normali). Non oso pensare che generose vampate dovesse sopportare il viso del tiratore. Per ovviare a questo fenomeno, definito “blowback”, la Mannlicher modello 1894 adotta un principio contrario che fa avanzare la canna tenendo fermo l’otturatore (che è solidale al fusto), dando i natali al fenomeno “blowfront”, termine da me coniato in questo istante!
Ma anche nel sistema di chiusura labile è presente il fenomeno di “blowback”, perché il bossolo, che non si dilata abbastanza da aderire alla camera di scoppio (non è un caso, è la geometria del bossolo a permetterlo), spinge il sistema otturatore-carrello indietro, lasciando uscire una parte dei gas di deflagrazione da questa chiusura volutamente non ermetica.
Che descritto così sembra una cosa relativamente semplice, ma nello specifico bisogna tenere conto di fattori che influiscono sulle due forze che in primis fanno funzionare questo processo ovvero la massa dell’otturatore opposta alla pressione generata dalla velocità del proiettile: sto parlando di particolari non trascurabili come l’attrito, la geometria del bossolo, il tipo di guidamolla e la resistenza della molla, la geometria del cane, le dilatazioni dovute al calore o al freddo ed infine, non trascurabile, lo sporco a cui inesorabilmente è sottoposta un’arma da guerra progettata per funzionare in condizioni critiche.
Compreso questo tipo di funzionamento, risulta evidente come i tecnici della Beretta che hanno sviluppato e in più riprese modificato i modelli 34 e 35, abbiano saputo dimensionare in modo ottimale tutte le parti coinvolte nel processo, in modo da ridurre al minimo inceppamenti ed altri inconvenienti e rendendo queste armi affidabili in ogni condizione e con i vari tipi di munizione. Queste armi non avrebbero potuto avere una vita operativa tanto lunga se così non fosse stato, o vedendo la cosa dal punto di vista opposto, la lunga vita operativa di queste armi è dovuta anche a questo fattore.
Al Polo di Manutenzione Armi Leggere di Terni ed alla Beretta di Gardone V.T. sono conservati molti esemplari sperimentali, come ad esempio una delle 34 con sicura al percussore, richiesta da uno di quei burocrati che magari portava in fondina una Walther PP e la riteneva migliore della “nostra”, facendo saltare il primo contratto del 1934; un prototipo riportante la dicitura “TIPO ALLEGGERITO” sul fusto, dotata di canna e carrello alleggeriti da generose fresature atte a diminuire il peso allo scopo di convincere il Ministero a catalogare la 34 arma civile (siamo in Italia, ci sono voluti solo altri 55 anni, difatti la 34 è rimasta arma da guerra fino al 1990!), senza contare i vari esemplari incisi in modo manuale che rappresentano vere e proprie opere d’arte, un esemplare con la canna più lunga, una con il silenziatore, quella placcata oro appartenuta al Duca d’Aosta.
Non ho mai visto in giro organi di silenziamento come riportati in queste foto trovate in rete. Interessanti, anche se questo tipo di silenziatore è indubbiamente un aggeggio molto ingombrante:
Il dubbio principale riguarda il marchio dell’OVRA che sarebbe riportato sul silenziatore: possibile che un'organizzazione di relativamente pochi membri mettesse un proprio simbolo su un accessorio simile?
Mi pare che un ente segreto ben difficilmente avrebbe corso il rischio di mettersi in mostra.
Mi sa tanto che sia una bufala inventata da qualche americano che ha trovato un simbolo che non sa cosa sia, tipo i punzoni PS che da simboli di verifica si sono trasformati in Pubblica Sicurezza o dei mal riusciti TP che vengono attribuiti alla PAI.
PUNZONI:
Di seguito una raccolta dei principali punzoni che comunemente si possono trovare sulle 34 e 35, inerenti la destinazione, vengono volutamente omessi i punzoni di controllo:
PUNZONI:
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Tipo |
Rappresentazione grafica |
Foto |
Punzone Tedesco tipo 1 (WaA162 senza svastica) |
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Punzone tedesco tipo 2 (WaA162 con svastica) |
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Indicazione di proprietà del Regio Esercito, distingue le pistole militari dalle armi destinate al mercato civile.
Ne esistono di alcuni tipi tutti simili. |
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Banco di prova per armi commerciali.
Ne esistono di alcuni tipi tutti simili. |
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Banco di prova per armi commerciali |
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Banco di prova di Brescia |
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Importatore e commerciante armi commerciali per la Germania |
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4° Ufficio Tecnico di Controllo Armi e Munizioni per la produzione delle armi destinate ai tedeschi |
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Armi Regia Marina |
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Armi Regia Aeronautica |
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Armi Milizia Forestale poi Guardia Forestale |
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Punzone attestante la proprietà dell’esercito finlandese (Suomen Armeija). |
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Punzone attestante la proprietà della Guardia Civile Finnica |
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Punzone attestante la proprietà dell'Esercito finnico precedente. |
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CONCLUSIONI:
La nostra “Migthy Mite”, e non nego una punta di orgoglio nel definirla “nostra”, seppe adeguarsi a tutte le condizioni: dai deserti libici al freddo della Russia, senza dar luogo a particolari problemi riconducibili al suo progetto.
Non a caso è stata in servizio per 50 anni e può vantarsi di essere stata rimpiazzata da una “nipotina” come la Beretta 92, che non è propriamente una di quelle pistole giocattolo ad elastici che costruivamo da bambini.
CARATTERISTICHE TECNICHE:
PRODUTTORE: Beretta, Armaguerra Cremona (un piccolo lotto).
MODELLI: M34 e M35.
TIPOLOGIA: Pistola semiautomatica a chiusura labile.
CALIBRO:
M34 |
9 corto |
M35 |
7.65 Br. |
CARICATORE:
M34 |
Monofilare 7 colpi |
M35 |
Monofilare 8 colpi. |
SICURA: Manuale che agisce esclusivamente sul grilletto.
MIRE: Tacca di mira a coda di rondine e mirino fisso.
MATERIALI: Acciaio brunito e guancette in filback, versioni civili in lega leggera tipo aermetal e dural.
CANNA:
M34 |
mm 86.5 6 righe destrorse. |
M35 |
mm 86 6 righe destrorse. |
DIMENSIONI:
M34 |
mm 150 X 123 X 30 Peso con caricatore vuoto gr. 660. |
M35 |
mm 146 X 123 X 30 Peso con caricatore vuoto gr. 650. |
Bibliografia:
Un articolo di Adriano Simoni su Diana Armi n° 9 - settembre 2005;
Un articolo di Adriano Simoni su Armi e Munizioni n° 12 - dicembre 2009;
(Adriano Simoni è uno che di 34 e 35 ne capisce, peccato che lo lascino scrivere poco, se mai i sui direttori leggeranno queste pagine, sappiano che non sono il solo che ritiene dovrebbero mandarlo “a briglia sciolta”.
Un articolo di Carlo Camarlinghi su Tac Armi n° 4 - aprile 1991;
Altri articoli che non posso citare in quanto ho solo appunti o fotocopie parziali.
Salvatici: Ed Olimpia, Pistole militari italiane
Gangarosa: Stoeger, Modern Beretta Firearms
Wood: Stoeger, Beretta Pistols
Simoni: Ed Olimpia, Pistole militari Beretta
Meschini: Olimpia, Le pistole Beretta 1915/1974
Camarlinghi: Olimpia, 1915-1985: Settant’anno di pistole Beretta
Rosi: Olimpia, Pistola semiautomatica Beretta 34, inserto
Manuale di uso dell’agosto 1943 edito dalla Beretta
Selvini: TAC armi, Le automatiche Beretta dal 1915 al 1931
Pierallini: Uniformi ed Armi, Al fianco degli italiani seconda e terza parte
Xx: Diana Armi, 300 anni della Beretta
Menichetti: XXX, Pistole Beretta 1915
Simoni: Diana Armi, Mod 23 una nuova era, Ottobre 2004
Gasparini: Diana armi, La Beretta col calciolo
Conti: U&A??, Le fondine della pistola Beretta 23
Gasparini: Diana Armi, Prima della ‘34
Balzi: Diana Armi, Beretta ’34 due articoli
Cristofani: Diana Armi, “La” Beretta
Simoni: Diana Armi, Beretta modello 1934, giugno ed agosto 2005
Simoni: TAC Armi, Die Deutschen Beretta
Simoni: Storia e Battaglie, La beretta “tedesca”
Simoni:Armi e Munizioni Beretta Modello 34 un importante compleanno
Gasparini: Diana Armi, Beretta Mod.38 con calciolo
Storia della "modello 34" di Ciccio C.